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Quarta di copertina:
Per un testo fascinoso e ricco come il poema dantesco non è facile imbattersi in letture che, di là della elucidazione di questo o quel passo o problema, aprano ancora prospettive davvero nuove. Pure, nuova per molti versi è la «Commedia» che esce dalle pagine di questo libro. La "scoperta" da cui muove l'indagine è che di Dante si deve parlare in termini di "percorso mistico", qualora per esperienza mistica si intenda l'esperienza dei limiti del linguaggio. Come lo scrittore mistico (e come il poeta moderno), Dante mette in scena la nascita e la morte di una scrittura che affrontando l'inesprimibile non può che riconoscersi "menzogna" e da ultimo naufragare nel proprio contrario, il silenzio. Lo studio è dedicato in prima istanza a definire l'esperienza mistica; ricollegando poi Dante alla tradizione esegetica protomistica, è messa a fuoco l'allegoria dantesca come "metafora assoluta". Itinerario del poeta e della scrittura verso Dio, la «Commedia» è un corpo a corpo con le parole; a differenza del mistico, e sull'esempio dei poeti dell'antichità, Dante però osa fingere radicalmente, farsi costruttore di miti verbali, di menzogne. Centrali in questa interpretazione risultano allora quegli snodi del poema dove Dante mostra coscienza della propria "frode" scritturaria: e sono gli appelli al lettore, il "padre" Virgilio e il tema di Ulisse, che si rivela metafora centrale della scrittura dantesca. Ma il viaggio dev'essere un itinerario dalla menzogna alla verità, a quella visione di Dio che è il tema del «Paradiso». Questa tuttavia si risolve in accecamento: visione mancata e ineffabilità siglano il limite della «Commedia»: il suo viaggio mistico non può che approdare al silenzio.
Indice:
pag. 7 Premessa
9 I. La cosa mistica
33 II. Allegoria
57 III. L'attraversamento della menzogna
89 IV. Menzogna e follia. L'Ulisse
113 V. La visione mancata
141 Conclusione
147 Bibliografia